Pubblicato il 2 commenti

I vitigni dello Sciacchetrà aggiornato con la risposta al test!

Spesso chi ci visita in cantina ci chiede di quali vitigni sia fatto lo Sciacchetrà: ecco come si presentano  i grappoli maturi:

 

ecco un grappolo di vermentino

vermentino grappolo

un grappolo di boscobosco grappolo

e infine un grappolo di albarolaalbarola

Piccolo test che tipo di vitigno è questo?

filare al soleP1010328

Più preciamente, grazie a Gianfranco (in nostro enologo) ecco Roberto in contatto diretto con i grappoli di Vermentino!Roberto e albarola

Pubblicato il 1 commento

“Ho ennestà dii servadeghe”

Ci sono due modi per piantare nuove viti: un modo è quello di usare le barbatelle selvatiche,  ogni barbatella va messa a dimora e poi innestata uno o due anni dopo. Per fare l’innesto  si usano le tessere , in dialetto, ovvero i migliori tralci della potatura che vengono subito inseriti a terra fino almomento in cui saranno utilizzati.

Nella foto una piantina di vite nata da innesto.

piantina di vite da "selvatico"

L’altro modo di piantare nuove viti è quello di usare  barbatelle domestiche, che non occorre innestare. Sia le barbatelle selvatiche che quelle domestiche si comprano dal vivaista. L’uso delle barbatelle selvatiche vieneintrodotto  dopo la moria di viti derivante dalla filossera, prima si metteva  a terra il migior tralcio.Oggi prevale l’uso di barbatelle di tipo domestico; Roberto preferisce usare la barbatella  selvatica in quanto in questo modo può scegliere da quali viti far generare le nuove piantine ed in generale la pianta che ne deriva è più robusta.

Questo racconto inizia a Bargòn due anni fa quando Roberto ha messo a dimora una certa quantità di barbatelle selvatiche. Siccome prendono con facilità è stato sufficiente s fare un buco nella terra ed inserirle. La fase di immissione a terra delle barbatelle selvatiche non è documentata,  ma lo è la fase di innesto che è avvenuta il mese scorso.

L’innesto consiste nell’immissione in ogni barbatella selvatica già a terra di una tessera. Prima di cominciare occorre zappare intorno al selvatico, per far ossigenare la terra e quindi facilitare lo sviluppo delle radici e quindi della nuova piantina di vite.

IMG_7524

Appena prima si mette la raffia ad ammorbidire nell’acqua.

raffia ad ammorbidirsi  MG_7518

Per poter immettere il tralcio, ovvero fare l’innesto, si comincia con il tagliare orizzontalmente una piantina di selvatico,  poi la si incide verticalmente centrando l’anima centrale. Il selvatico si caratterizza per il fatto che  le sue gemme sono rosse.

gemme rosse delle barbatelle selvatiche

A questo punto si prende una tessera, la si recide e poi la si rende appuntita con un apposito coltellino fino ad incontrarne l’anima  interna.

IMG_7533

tagliare per raggiungere l'anima

Questa punta viene quindi  inserita nel tronchetto di barbatella selvatica tagliato. Si dice  che la tessera sia il maschio e la barbatella sia la femmina.

taglare verticalmente la barbatella

Infine si legano insieme l’uno dentro l’altra  barbatella e tralcio, con del filo di raffia che è stato prima messo ad ammorbidire nell’acqua. Prima un tratto…

IMG_7549

poi l’altro,

2 legare

Per facilitare al massimo la riuscita dell’innesto occorre infatti che la parte centrale e le due  anime: quella della barbatella e quella delle tessere entrino e restino in stertto contatto diretto fino  a quando la piantina germoglia, poi si saldano. A questo punto si ricopre la parte innestata con la terra morbida di zappatura.

IMG_7577

Infine si proteggono le piantine con dei bastoncini.

filare protetto con bastoncini

Il secondo modo è quello di usare barbatelle domestiche. L’anno scorso,  a Bargòn  Roberto ne ha messe a dimora una certa quantità.
era  in inverno.  Roberto  fa “delle trincee” e poi vi immette le barbatelle, oggi quelle piantine cominciano a crescere.

Pubblicato il Lascia un commento

Un convegno a Monterosso. I paesaggi terrazzati: alleanze per costruire il futuro.

Riporto questa notizia che ho trovato sul sito del Parco Nazionale delle Cinque Terre:

 Sala del Consiglio Comunale, venerdì 7 Marzo ore 14 e 30

Proposte italiane per il convegno mondiale in Perù. venerdì 7 marzo, a Monterosso, si terrà un convegno dedicato ai paesaggi terrazzati.

La Sezione Italiana dell’Alleanza per i paesaggi terrazzati , si ripropone di fare propri i contenuti enunciati dalla Dichiarazione di Honghe e di attivarsi per renderli conosciuti ed applicati a livello nazionale e locale. In tal modo intende contribuire, con esempi concreti e studi scientifici dedicati, ai risultati del gruppo internazionale, dimostrando la validità delle qualità formali e simboliche del paesaggio terrazzato nei settori culturali, ambientali, sociali, economici e storici.
Si parlerà di questi ed altri temi legati al mantenimento dei paesaggi terrazzati venerdì 7 marzo a Monterosso.

Il programma
Monterosso al mare (SP) – Sala del Consiglio Comunale
Venerdì 7 marzo

14:30 Saluti autorità: Angelo Betta, Sindaco di Monterosso
14:40 Donatella Murtas, coordinatrice Sezione italiana Alleanza
‘L’Alleanza Mondiale per il Paesaggio Terrazzato: obiettivi ed attività’

Panel Liguria
15:00 Scuola Politecnica Università di Genova: Gerardo Brancucci
15:20 Parco Nazionale delle Cinque Terre: Patrizio Scarpellini, Direttore
15:40 Camera di Commercio della Spezia: Gianfranco Bianchi, Presidente

Gli operatori economici: linea tematica “imprese, economia e paesaggio”
16:00 Consorzio Turistico Cinque Terre: Rina Moggia, Presidente
16:15 Consorzio Cinque Terre Sciacchetrà: Bartolomeo Lercari, Presidente
16:30 Consorzio Cinque Terre Pesca: Beppe Martelli
16:45 Cooperativa Olivicola di Arnasco: Luciano Gallizia, Presidente

Pausa caffè

Panel Esperienze Italiane
17:00 Damiano Zanotelli: “Agricoltura e paesaggio terrazzato in Valle di Cembra: azioni per una valorizzazione reciproca” – Comunità della Valle di Cembra (TN)
17:20 Giancarlo Manfrini: “Dall’esperienza del cantiere di Villalagarina alla Scuola Trentina della Pietra a Secco”, referente Scuola Trentina Pietra a Secco
17:40 Dario Foppoli: “Un percorso per valorizzare i terrazzamenti della Valtellina” – Fondazione di Sviluppo Locale (Sondrio)
18:00 Cinzia Zonta: “L’adozione dei terrazzamenti: un contatto vivo tra città e montagna”, Presidente Comitato “Adotta un terrazzamento in Canale di Brenta” (VI)
18:30 Discussione e conclusioni Cena degustazione

MODIFICATO:

Il convegno è stato sospeso a data da definire.

Pubblicato il 8 commenti

Prendere coscienza del proprio territorio.

Andando a fare un giro nei ciàn (i terrazzamenti in dialetto) di Semura, una  attività costante di monitoraggio che svolge chi coltiva la terra,  abbiamo notato due cambiamenti recenti nel paesaggio. Si sono verificati  nei muretti di due diversi contesti fra loro vicini. Da questa prima osservazione sono  nate due riflessioni, cui fa seguito una proposta alla fine del post.

Il primo cambiamento è relativo ad un muretto a secco di contenimento delle vigne,  assediato  dalla macchia mediterranea, che  è crollato, probabilmente a causa della grande quantità di pioggia di questo strano inverno.

PRIMA: questo muretto, dopo essere stato pulito da Roberto era così

IMG_6463 DOPO:  non molto tempo fa, il muretto  è crollato sull’angolo e, nella parte ancora intonsa è ricresciuta  nuova vegetazione.IMG_7097

Da vicino si vede bene la quantità di lavoro che sarà necessaria per ricostruire il pezzo di muretto che è crollato..

IMG_7104

 

Ma intanto, guardando di fronte a noi, verso il mare, abbiamo notato un secondo, piccolo ma molto significativo, cambiamento nei muretti che sono invece i resti di antiche case in pietra.

PRIMA  (di recente) quel pezzo di  paesaggio era così  in quanto quel terreno, caratterizzato dalla presenza di muretti in pietra sia di contenimento che portanti di antichi rustici, era stato ripulito dalla macchia mediterranea che lo aveva invaso. E’ dunque stato possibile vederlo quasi fosse uno scavo archeologico, diventato così un pezzo di archeologia contadina.

IMG_3940

Colpisce la bellezza di quei resti di pietra nel  paesaggio, tracce inequivocabili di un tempo passato, una preziosa testimonianza, un monumento della memoria contadina di queste terre.

 

mantenimento, memoria

Da questa foto è nata una prima riflessione, si è capito che l’osservazione dello stato fisico e dell’uso sociale del territorio può contenere uno o più racconti. In questo caso è il racconto di quattro processi in atto contemporaneamente, appena  prima che se ne avii un quinto.

In primo piano, il racconto di un lavoro di mantenimento del paesaggio che avviene con  la coltivazione tradizionale di una vigna “a pergolo”. Nello sfondo il racconto, in divenire, di una traccia di memoria in pietra  che emerge dalla boscaglia da cui è appena stata estratta.  Il tutto  inserito in una cornice di macchia mediterranea che continua a svilupparsi  nascondendo mano a mano  la trama esistente dei ciàn. Ciàn che  una volta erano tutti coltivati ed ora sono stati abbandonati da tempo, insieme  ad altri manufatti in pietra: questo è il racconto dell’abbandono della terra.

In alto all’estrema sinistra, un quarto racconto, abbastanza recente.  Guardando con attenzione  si può notare un pezzo di un grosso ciàn  coltivato non più “a pergolo”, ma a filare. Si capisce dalla regolarità della trama della vigna. E’ il racconto di  un cambiamento volto a mantenere  la coltivazione della vigna, rendendone però più facile la  coltivazione per il contadino.

 

 

segni forti della memoria

Sul primo racconto, quello della coltivazione nel solco della tradizione, sia il sito  che questo blog, che lo aggiorna, raccontano in dettaglio le varie fasi del ciclo di produzione dello Sciacchetrà che ancora oggi Roberto segue nel solco della tradizione. Per quanto riguarda il secondo racconto, è stato possibile un avvicinamento ai resti in pietra, grazie ad un  lungo un sentiero,  tutto dentro la macchia mediterranea. Percorrerlo è stata un’esperienza quasi magica,  camminare su un percorso di pietre formidabile per dimensione e per perizia, che allude ad un uso umano cospicuo; invece siamo soli, completamente immersi in una silenziosa e potente natura, odorosa di salmastro e di erbe selvatiche. Anche il sentiero è appena stato ripulito, sottratto alla vegetazione e reso percorribile.  Siamo così giunti fino alla trama forte costituita dai  muretti in pietra, armonicamente incarnata nel declivio del terreno. Ci siamo trovati in contatto fisico ravvicinato con la memoria  che inevitabilmente questi sassi evocano, sperimentando un’ emozione  forte mista ad  ammirazione e rispetto verso le generazioni che ci hanno preceduto.

Un monumento alla fatica,  alla tenacia e ad una grande capacità di ingegneria idraulica e civile.

una casetta in pietra

Così abbiamo anche potuto vedere da vicino  questa meraviglia di proporzioni, la straordinaria capacità di utilizzo dell’unico materiale disponibile, la pietra ed i sassi,  l’armonioso  inserimento nel paesaggio.

Ii cambiamenti in corso

Ma ecco, qualche tempo dopo  il quinto cambiamento che si palesa.

Un cambiamento che è in corso, un segnale apparentemente modesto, ma che racconta di un cambiamento che sarà certamente  significativo. La pulizia di quel terreno che ha fatto emergere   tracciati in pietra così forti e la rimessa in uso  del sentiero per raggiungerlo, sono state opera di chi ha deciso di recuperare i rustici esistenti, certamente in ottemperanza alle indicazioni della commissione paesaggistica.

La seconda riflessione,  nasce da questa esperienza diretta,  è la constatazione che  questa comunità locale e le sue istituzioni non sono riuscite, nel tempo, a elaborare una strategia evolutiva per il governo di questo straordinario territorio. La sfida è quella di rilanciare  l’attività primaria della coltivazione delle vigne (pur nelle modaltà oggi più consone, meno faticose e adeguatamente remunerative). Ma potrebbe anche essere quella di  progettare  un riuso dei rustici più significativi  per  salvaguardare e valorizzare la memoria di un passato fatto di fatica e portatore di una cultura del lavoro. Per creare luoghi di sosta lontani dalla congestione che si viene a creare, al contempo ricchi di informazioni e di suggestioni. Un progetto  con una visione d’insieme per raggiungere anche visitatori curiosi,  che oggi arrivano in massa in gran parte attratti dal “mito” di questo passato che però non è materialmente molto fruibile.

La proposta.

Il paesaggio  alle Cinque Terre, come altrove, cambia continuamente senza che  ne siamo pienamente  consapevoli, e con esso la memoria della sua cultura contadina.

La costituzione di un ecomuseo rurale sarebbe un buon modo per non perdere completamente i segni sul territorio di questa memoria così importante e al contempo così fragile. Così come Sebastiao Salgado stà fotografando le popolazioni che vivono nei posti più nascosti del mondo, destinate a sparire, per lasciarne una traccia almeno fotografica per l’umanità, così bisognerebbe documentare almeno gli ultimi  segni che restano sul territorio di questa civiltà contadina oggi in via di estinzione.

Un progetto di ecomuseo esperienziale, aperto che si alimenta  e si sviluppa con il contributo diretto degli abitanti delle Cinque Terre,  secondo la moderna concezione  di museo “diffuso” mirato sopratutto ai giovani. Per la realizzazione di ecomusei, esistono  linee guida europee ed anche leggi prodotte da alcune regioni taliane. Ci sono esperienze di vario tipo. Risulta interessante a nostro avviso  la metodologia  anche di altre esperienze in corso pur se queste non sono necessariamente rurali.

Oggi alle Cinque Terre prendere coscienza del proprio territorio significa frequentarlo, conoscerlo, ripensarlo con creatività.  Quello che una volta era il centro dell’attività lavorativa è oggi paragonabile ad una periferia urbana  nel senso della perdita di significato sociale, un luogo non vissuto. L’archeologia contadina, che nei ciàn è dispersa, può essere paragonata alll’archeologia industriale,  entrambe  fanno riferimento ad una cultura del lavoro che sembrerebbe destinata ad estinguersi.   Rappresentano  una tappa importante dello  sviluppo del nostro Paese, esprimono valori materiali ed immateriali,  come tali vanno tutelati e valorizzati.

 

 

Pubblicato il Lascia un commento

Nasce l’Osservatorio del paesaggio rurale.

“Si tratta della costituzione  di un osservatorio presso il ministero per le politiche agricole  che intende censire e poi salvaguardare e, semmai recuperare quelle porzioni di territorio che, nonostante le modifiche, conservano una serie di caratteristiche storiche, sia per l’assetto, sia per le pratiche di coltura.”

dissodare la terra

 

Ne scrive su la Repubblica del 18 Febbraio 2014  Francesco Erbani.

Speriamo che il nuovo governo Renzi mantenga questo importante impegno!

terrazzamenti

Nello stesso articolo Mauro Agnoletti, membro del Comitato scientifico, sostiene che “il paesaggio agrario non è paragonabile ad un monumento, per il quale discutere se sia lecito darlo in uso ad un privato per farci degli eventi. E’ una parte di territorio che può mantenere il suo valore se è in grado di produrre cibo o anche di fare turismo mantenendo i caratteri storici, estetici ed ambientali”

Chiediamo al Parco Nazionale delle 5 terre quale politica per la salvaguardia del paesaggio intenda perseguire.

Per esempio sarebbe importante progettare un ecomuseo sia  per la raccolta di testimonianze orali sia  per la costituzione di una area  coltivata in maniera tradizionale come memoria vivente, sulla scia di tante  importanti esperienze europee in questa direzione.

legare la vite potata